Archivio Storico

Archivio storico

L’archivio storico comunale di Torre S. Susanna è custodito, a seguito di un recente trasferimento, in un locale al primo piano dell’ex sede municipale in piazza Umberto I, ora Palazzo della cultura, edificio che ospita anche l’archivio di deposito (atti dal 1971 al 1995), la Biblioteca comunale, il Museo della civiltà contadina e la Pinacoteca comunale. Sono invece conservati presso i competenti uffici le serie delle Pratiche edilizie (Ufficio tecnico), i registri dello Stato civile dal 1865 al 1970 (Ufficio servizi demografici) e le Deliberazioni del Consiglio e della Giunta dal 1960 al 1970 (Ufficio segreteria), oggetto di una frequente consultazione da parte del personale dell’Amministrazione.
All’interno del locale sono conservati, oltre alle carte prodotte dal Comune dal 1809 al 1970 circa, i fondi “aggregati” dei Consorzi delle strade vicinali Santoria-Guidone, Feudo Vecchio, Cociolini-Squerpu e Camarda II, del Comitato comunale United Nations relief and rehabilitation administration – UNRRA Tessile, dell’Ente comunale di assistenza, del Comitato di patronato dell’Opera nazionale maternità e infanzia, del Patronato scolastico e dell’Ufficio di conciliazione, confluiti nell’archivio perché prodotti da enti soppressi le cui funzioni sono state assorbite dal Comune di Torre S. Susanna.
L’intera documentazione è consultabile su richiesta degli interessati, previa autorizzazione. Responsabile del servizio archivistico è il dirigente del Settore Segreteria e affari generali avv. Rosa Lippolis.

Storia dell’archivio…
L’archivio storico comunale si caratterizza per la lacunosità del carteggio prodotto tra il 1932 circa, estremo recente della documentazione già sottoposta a un precedente intervento di riordinamento e inventariazione, e la metà degli anni Cinquanta del secolo scorso. Per risalire alle cause che hanno determinato tale configurazione occorre ripercorrere le vicende che hanno caratterizzato la storia dell’archivio, a partire dall’ultimo trasferimento presso l’attuale sede di conservazione.
Tale trasferimento, avvenuto nel febbraio 2009 a conclusione dei lavori di individuazione, accorpamento, riordino e censimento dell’archivio di deposito finanziati con fondi comunali e realizzati dalla Cooperativa sociale Europa a r.l. di Latiano, ha consentito una chiara separazione fra gli atti ultraquarantennali e quelli di epoca successiva precedentemente frammisti in un unico corpus documentario collocato, a partire dal 1994, in un locale al pianterreno dello stesso edificio. Tale locale non rispondeva ai requisiti di idoneità previsti dalla legge in modo da garantire la sicurezza e l’integrità degli atti, per la presenza di un alto tasso di umidità, il rischio di infiltrazione di acqua piovana, la mancanza di condizioni adeguate di illuminazione, aerazione e capienza. L’ambiente, destinato inizialmente all’esclusiva conservazione degli atti ultraquarantennali, negli ultimi anni era divenuto saturo a causa di periodici versamenti di documentazione priva di interesse giuridico-amministrativo.
In precedenza l’archivio storico era conservato in parte presso un locale sito in largo Colonna, in parte presso un immobile in via Roma adibito a Centro di lettura e Ufficio di conciliazione. Lo smembramento del fondo si rese necessario a causa dell’indisponibilità della sede comunale in fase di ristrutturazione e delle precarie condizioni statiche e igieniche del locale in cui era ubicato; ma il perdurare della frammentazione e del disordine delle carte, dal 1985 al 1993, determinò il progressivo deterioramento e la dispersione di alcuni atti e sconvolse l’ordinamento dell’archivio.
Il trasferimento degli atti non sortì dunque i risultati sperati, dal momento che esso era stato disposto anche per ottemperare alle disposizioni impartite ripetutamente dalla Soprintendenza archivistica per la Puglia a seguito delle ordinarie visite ispettive. Il locale della sede comunale utilizzato per la conservazione delle carte risultava infatti inidoneo per la presenza di un alto tasso di umidità e l’inadeguatezza del sistema antincendio e dell’impianto elettrico di sicurezza. Gli atti già inventariati nel corso di un precedente intervento archivistico risultavano inoltre frammisti alla produzione documentaria successiva e a materiale eterogeneo, determinando uno stato di disordine acuito dal progressivo accatastamento delle carte periodicamente versate nel vano. La situazione si aggravava a tal punto che, tra il 1983 e il 1987, fu più volte prospettata la soluzione del deposito coatto degli atti ultraquarantennali presso l’Archivio di Stato di Brindisi.
Tale ipotesi fu scongiurata attraverso parziali interventi finalizzati a ripristinare l’ordinamento delle carte anteriori al 1932 sulla scorta dell’inventario esistente, redatto nel 1973 da Domenica Massafra e Vincenzo Colonna della Soprintendenza archivistica per la Puglia. L’intervento, oltre a rimediare all’assenza di un idoneo strumento di ricerca e allo stato di disordine in cui versavano le carte, contribuì all’istituzione formale della separata sezione d’archivio contenente i documenti relativi ad affari esauriti da oltre 40 anni destinati alla conservazione perenne (delibera di Consiglio comunale n. 79 del 12 luglio 1974).
Anteriormente al 1973 l’archivio era stato sottoposto ad altri due interventi globali di riordinamento: uno avvenuto nel 1908 a cura del segretario comunale Eugenio Carella, l’altro eseguito nel 1959 dietro richiesta dell’aiutante capo dell’allora Sezione di Archivio di Stato di Brindisi Bodini Oronzo per agevolare il suo compito di ricognizione del materiale archivistico comunale nell’ispezione effettuata l’8 luglio dello stesso anno.

 

Riordinamento e inventariazione dell’archivio
La prima fase operativa del lavoro è consistita nella selezione critica della documentazione archivisticamente e amministrativamente rilevante per la conservazione permanente e nella predisposizione dell’elenco di scarto del materiale archivistico ritenuto superfluo e destinato all’eliminazione fisica: in sintesi, si è individuata la documentazione che, a norma della legislazione vigente, non riveste interesse amministrativo, statistico o storico. I documenti individuati nel corso della cernita del materiale inutile sono stati raggruppati per materie e ulteriormente ordinati secondo un criterio di successione cronologica; infine essi sono stati collocati in unità di scarto costituite da buste di plastica numerate progressivamente. Il raggruppamento degli atti eliminabili è stato contemporaneo alla compilazione di un elenco descrittivo delle unità archivistiche ritenute inutili, con l’indicazione del numero delle unità di scarto, delle estremi cronologici, del calcolo approssimativo del peso e dei metri lineari. Le operazioni di scarto sono state eseguite rispettando le norme e le autorizzazioni prescritte dalla legislazione vigente. In particolare, come previsto dall’art. 21 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, comma 1, lettera d), si è attivata la procedura di autorizzazione allo scarto, che è stata concessa dalla Soprintendenza archivistica per la Puglia.
Successivamente si è proceduto all’individuazione di una cesura cronologica che consentisse di separare la documentazione storica da sottoporre a riordinamento e inventariazione rispetto a quella successiva. L’art. 30 comma 4 del Codice dei beni culturali e del paesaggio specifica che gli enti pubblici hanno l’obbligo “di conservare i propri archivi nella loro organicità e di ordinarli, nonché di inventariare i propri archivi storici, costituiti dai documenti relativi agli affari esauriti da oltre quaranta anni”: nel rispetto di tale disposizione si è scelto dunque l’anno 1970 come estremo cronologico recente della documentazione storica.
All’interno del fondo così individuato, non si è ritenuto opportuno costituire un’apposita sezione per le carte preunitarie (consistenti in alcuni registri di stato civile e in documentazione residua confluita nelle diverse categorie del Carteggio), sia per la loro esiguità e discontinuità cronologica, sia perché nel corso del tempo esse sono state riordinate in maniera progressiva assieme agli atti postunitari in serie documentarie dal contenuto omogeneo.
Sono state quindi reperite, identificate e riordinate le serie omogenee di atti, ossia quella tipologia di documenti “di natura più particolare e specifica” [1] che si distingue dal carteggio generale per una serie di caratteristiche intrinseche ed estrinseche: innanzitutto per il contenuto, generalmente di natura riassuntiva (bilanci, inventari ecc.), certificativa (registri di stato civile, liste di leva, ruoli d’imposta ecc.) e giustificativa (mandati di pagamento e riscossione); in secondo luogo per il carattere di omogeneità e di raggruppamento in serie ordinate cronologicamente; infine per il condizionamento esterno, trattandosi per lo più (anche se non esclusivamente) di registri e volumi, per cui vengono anche definite “serie dei registri”. Una volta individuate e riordinate tali serie, esse sono state ricondotte alle categorie di appartenenza e sono confluite in una prima sezione per distinguerle dal carteggio generale (Sezione I nell’inventario).
In seguito si è provveduto all’analisi del carteggio generale. La documentazione presa in esame nel presente progetto, ossia quella prodotta o comunque acquisita dal Comune fino al 1970, si rivelava non perfettamente omogenea dal punto di vista del contenuto e dei criteri di ordinamento degli atti al momento della loro classificazione e della successiva organizzazione in serie.
L’archivio storico già inventariato nel 1973 risultava classificato e riordinato nel rispetto delle canoniche 15 categorie del Titolario Astengo emanato con circolare del Ministero dell’interno n. 17100/2 del 1 marzo 1897 [2], applicata retroattivamente in data imprecisata anche alla documentazione anteriore; all’interno di ciascuna categoria, gli atti erano organizzati in sequenze cronologiche riconducibili al prontuario di classificazione redatto da Ugo Evangelisti [3].
Per quanto riguarda la documentazione ultraquarantennale non inventariata nel 1973, che presenta una certa continuità cronologica a partire dal 1955 circa, si è rilevata una progressiva perdita di coerenza interna e di qualsiasi criterio di ordinamento per categorie, con un orientamento verso un’organizzazione per ufficio di provenienza e/o per materia e un’ulteriore sedimentazione degli atti in sequenze cronologiche tutt’altro che rigorose. Riscontrata una certa disomogeneità nei criteri di ordinamento delle carte, in assenza di segnature significative e di qualsiasi numerazione, contestualmente si è resa necessaria l’analisi accurata di ogni unità archivistica contenuta nelle buste, al fine di verificarne gli estremi cronologici e l’effettiva rispondenza del contenuto della stessa con le indicazioni riportate sulla copertina del fascicolo, e una disamina approfondita del materiale documentario sciolto al fine di classificarlo e di ricollocarlo nella posizione originaria tramite le operazioni di condizionamento.
In questa fase si è avviata la schedatura della singola unità di descrizione (registro, fascicolo ecc.), ossia la sua esatta rappresentazione tramite la raccolta di ogni informazione che permettesse di identificare il materiale documentario e di illustrare il suo contesto di produzione e i sistemi di archiviazione in base ai quali è stato organizzato. Le operazioni di schedatura analitica e di successiva inventariazione di tutta quanta la documentazione sono state realizzate nel rispetto delle norme internazionali ISAD(G), per la descrizione multilivellare – dal generale al particolare – del complesso archivistico, e ISAAR(CPF), per la descrizione dei soggetti produttori d’archivio, consentendo in tal modo di ottenere una rappresentazione separata, ma integrata, dell’archivio, del soggetto produttore e del soggetto conservatore. Per ciò che attiene nello specifico alla singola unità archivistica, nell’ottica dell’individuazione delle serie e sottoserie e in conformità allo standard ISAD(G), la descrizione è stata articolata in sei aree o campi informativi:
– area dell’identificazione, che comprende le informazioni essenziali per identificare l’unità di descrizione;
– area delle informazioni sul contesto, ossia delle informazioni relative alla provenienza e alla storia della sua conservazione;
– area delle informazioni relative al contenuto ed alla struttura, in cui sono riportati i dati relativi al contenuto e all’ordinamento dell’unità di descrizione;
– area delle informazioni relative alle condizioni di accesso ed utilizzazione, comprendente le informazioni relative alla disponibilità dell’unità di descrizione;
– area delle informazioni relative a documentazione collegata, che comprende le informazioni relative all’esistenza di altra documentazione che ha relazioni significative con l’unità di descrizione;
– area delle note, che comprende informazioni particolari e informazioni che non possono essere inserite in nessuna delle altre aree;
– area del controllo della descrizione, che comprende le informazioni relative a come, quando e da chi è stata redatta la descrizione archivistica.
Contestualmente alle operazioni di descrizione delle serie e sottoserie è stata apposta una segnatura archivistica provvisoria alle unità di condizionamento, utile ai fini della redazione di un primo provvisorio strumento di corredo.
La schedatura delle singole unità è stato il primo passo per il riordinamento logico e fisico del materiale documentario finalizzato alla ricostituzione del suo ordine originario, nel rispetto delle caratteristiche specifiche degli atti, ossia il rapporto con il soggetto produttore e la sequenza secondo la quale sono stati prodotti dall’ente. Si è dunque proceduto con le operazioni necessarie per dare un’organizzazione sistematica alle unità archivistiche sulla base del metodo storico che consiste nel restituire alle serie dei documenti l’ordine originario, attraverso l’analisi e lo studio dell’ordinamento dell’ente che ha prodotto le carte, le sue funzioni, l’organizzazione degli uffici e i criteri secondo cui aveva organizzato il suo archivio.
Le operazioni di riordinamento del materiale archivistico si sono concluse con la collocazione sugli appositi scaffali della documentazione nel frattempo condizionata. L’attività di condizionamento è stata completata con la cartellinatura, ossia l’apposizione di etichette contenenti le informazioni utili a identificare l’unità archivistica.
Terminate le operazioni di riordinamento, si è proceduto alla stesura definitiva dell’inventario, ossia del mezzo di corredo che descrive analiticamente la singola unità archivistica, secondo una struttura costituita dai seguenti elementi:
– soggetto produttore: denominazione, estremi cronologici, profilo storico-istituzionale (denominazioni di appartenenza, relazioni con altri soggetti istituzionali, circoscrizioni amministrative), bibliografia;
– soggetto conservatore: denominazione, indirizzo, note storiche (notizie relative all’istituzione del servizio d’archivio), tipologia;
– complesso archivistico: intitolazione, consistenza, estremi cronologici, descrizione (modalità di formazione, tipologie documentarie presenti, relazioni con il soggetto produttore, dispersioni o lacune), bibliografia;
– unità archivistiche: intitolazione, estremi cronologici, contenuto, consistenza, stato di conservazione, collocazione, classificazione, antiche segnature, provenienza.
L’adozione di tale struttura consente la compatibilità dei tracciati e dei campi informativi previsti dal SIUSA (Sistema Informativo Unificato delle Soprintendenze Archivistiche) che si propone come punto di accesso primario per l’intero patrimonio documentale controllato dalle Soprintendenze archivistiche, ossia per gli archivi non statali pubblici e privati conservati fuori degli Archivi di Stato.
[1] A. Antoniella, “L’archivio comunale postunitario. Contributo all’ordinamento degli archivi dei comuni”, Firenze, La nuova Italia, 1979, p. 15; tali atti sono definiti dall’autore “particolari”.
[2] “Istruzioni per la tenuta del protocollo e dell’archivio per gli uffici comunali”: la cosiddetta “circolare Astengo” prescriveva, nell’allegato A, l’adozione di un “titolario d’archivio” organizzato in quindici categorie, riconducibili alle principali materie di competenza del Comune e articolate in classi, corrispondenti a gruppi omogenei di affari all’interno della categoria; le classi erano a loro volta suddivise in sottoclassi o fascicoli, contenenti il carteggio dei singoli affari.
[3] U. Evangelisti, “L’archiviazione nei comuni”, Firenze, Noccioli editore, 1969.